sabato 7 maggio 2016

La chitarra

 

Il pomeriggio alle due io e Anna ci ritrovavamo nella saletta dell’albergo che ospitava il televisore. A quell’ora c’eravamo noi due soli, altri amici preferivano riposare o erano già scesi in spiaggia. Ci sedevamo sulle poltroncine rivestite di un tessuto scozzese a base rossa e guardavamo “Saranno famosi”. Restavamo in silenzio, in quella sala abbastanza fresca mentre dalla strada giungevano rumori di gente che si dirigeva in spiaggia.

Lasciavamo che le avventure di Leroy, Doris, Danny Amatullo (il mio preferito) ci prendessero, respiravamo l’atmosfera di quella scuola di New York come se ne facessimo parte, come se toccasse anche a noi organizzare spettacoli, seguire i corsi del professor Shorofsky, dover danzare sotto l’amorevole attenzione della coreografa Lydia.

Poi cominciava la sigla di coda, “Fame”, e ci trovavamo d’improvviso nel nostro mondo, come ridestati da un sogno. Anna prendeva la chitarra e cominciava a pizzicarne le corde, fermava un giro maldestro di accordi: erano gli Eagles di Hotel California e Desperado oppure il Bob Dylan di Blowin’ in the wind, o ancora la semplicissima Canzone del sole di Battisti.

Un pomeriggio intero, finito l’episodio, girammo a lungo per la cittadina in cerca di un ragazzo che le aveva promesso di accordare per sera lo strumento. Stava dalle parti della marina, ma lì ci dissero che forse era al porto, da lì ci indirizzarono a un bar sulla spiaggia dove immancabilmente sarebbe passato. Come Godot lo aspettammo invano e ci trovammo davanti a un falò dopo aver cenato cin un panino e un’aranciata. Anna suonava la chitarra scordata improvvisando accordi e note. Le faville salivano nel buio e io attendevo solo il momento di baciarla.

*

Quel che successe dopo, l’ho rimosso, l’ho dimenticato con facilità, come un ombrello quando è uscito il sole. Del resto succede spesso così con le amicizie estive, nate sotto un ombrellone e proseguite nei locali. Non so perché non le telefonai più, ignoro se in qualche modo la offesi o se la sfiduciai o la stancai: so soltanto che quella nostra corrispondenza all’improvviso cessò e non tentai più di riallacciare quel filo spezzato con Anna.

Eppure quella sera, mentre suonava la chitarra e le ombre disegnate dal falò danzavano sul suo viso, sul suo corpo, la chiave che portava alla sua porta mi sembrava a portata di mano. Ma solo oggi che ho avuto per caso sue notizie, che ho saputo che Anna è un architetto di grido, ripensando a quelle giornate di mare, ho compreso di averla delusa e ferita. Mi accorgo solo oggi di essere fuggito, di averla abbandonata per viltà.

Ora è tardi per poter rimediare: probabilmente avrà annodato il filo a un altro capo, più forte del mio.

1995

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FOTOGRAFIA © MRWALLPAPER

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