sabato 18 giugno 2016

Il fruscio del vinile

 

“La voce di una giovane ragazza
cantava dolcemente queste parole”.
THOMAS PYNCHON, V.

Un vecchio disco suona i miei ricordi e mi sorprende il fruscio del vinile, l'imperfezione che mi apre gli occhi e mi dice quanto tempo sia passato - del resto non ho nemmeno più l'abitudine a estrarre il disco dalla busta, spolverarlo con l’apposita spazzolina antistatica, collocarlo sul giradischi e infine posare attento la puntina tra un microsolco e l'altro: sono impacciati i miei gesti, desueti, da fruitore di nuove tecnologie, da ascoltatore di brani in mp3 scaricati da iTunes, di canzoni digitali suonate su Spotify, ora che non ho bisogno più neppure dell’asettica custodia dei CD.

Ascoltando quella musica, mi ha subito sopraffatto il senso del mio tempo perduto: come un succo denso di ore irrimediabilmente passate, lontane, come se soltanto adesso mi fossi reso conto del trascorrere del tempo, del suo volgere continuo, eracliteo. Anche i ricordi sembrano diversi, lontani, come se li avesse vissuti un altro. Sembrano assumere addirittura una rilevanza diversa, mi sembra che sia insignificante ciò cui davo valore e viceversa più importante ciò che ignoravo perché consideravo irrilevante. I dettagli si ingigantiscono, la lente del tempo riesce a mettere finalmente a fuoco le distanze, a collocare nel loro giusto incastro le tessere di quel puzzle.

C’è quella canzone dei Matt Bianco che piaceva a lei, che ci piaceva tanto: la ascoltavamo in spiaggia sulla radio, la cantavamo sulle biciclette, la ballavamo la sera dentro i bar... Shua Doo Doo-Ah Sneaking out the back door with a grin I move along when things are going wrong la voce della corista, l’assolo delle trombe, le percussioni... Mi sembra di risentire distintamente il profumo dello shampoo alla mela con cui si lavava i capelli, riesco a immaginarmi con precisione il suo volto, i gesti consueti con cui mi invitava, la vedo riempire cruciverba con una matita verde mordicchiando il gommino, il movimento con cui si legava i capelli con il nastro… Ma il mio amore per lei – ora sì lo posso dire, ora che tanto tempo è passato e finalmente vedo chiaramente nelle cose – era un grumo di nostalgia, in esso avevo impastato la malinconia che contrassegna certe gioventù. Non poteva durare.

Quanto ho amato quegli anni perduti quanto ho amato quei dischi di plastica – ci sembravano brutte le canzoni, invece se ascolti quelle di adesso, le confronti ed erano proprio belle. Quanto ho amato quei giorni in cui si badava ad apparire piuttosto che ad essere e invece io ero anticonformista anche più di ora. E li ho amati, quegli anni, perché ho amato lei. E chissà dove è adesso e che cosa farà la ragazza che avevo ribattezzato «Miss Shua Doo Doo-Ah»…

Tolgo il vinile con gesti insicuri e lo ripongo nella sua custodia riponendovi anche i miei ricordi.

 

LP

FOTOGRAFIA © AUDIOKLASSIKS

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