sabato 15 ottobre 2016

La Gioconda nuda

 

Dopo la dissacrazione dei baffi dipinti da Duchamp, dopo le rivisitazioni di Warhol e di Botero, dopo il furto ad opera di Vincenzo Perugia nel 1911, dopo l’assurda e vaneggiante rivisitazione del “Codice da Vinci”, ecco che per la “Gioconda” arriva la violenza scientifica.

Per risolvere l’arcano dello “sfumato” leonardesco che dona a quel sorriso la sua caratteristica enigmaticità, la società “Lumiére Technologie” ha sottoposto il dipinto alla camera multispettrale: un raggio luminoso proiettato dalla macchina consente di misurare lo spettro dei vari componenti e di risalire ai primi disegni nascosti sotto la superficie colorata, senza neppure sfiorare l’opera.
L’indagine, eseguita accuratamente dal Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica francese, guidata dalla ricercatrice Mady Elias, è pubblicata dalla rivista specializzata americana “Applied Optics”.

Risulta dunque che lo “sfumato” è una geniale elaborazione della tecnica messa a punto dai pittori fiamminghi ai tempi di Van Eyck ed esportata in Italia forse da Antonello da Messina. Il procedimento è semplice: sovrapporre tanti strati di un solo colore non troppo concentrato, nel caso della “Gioconda” una “terra d’ombra”, ocra contenente manganese. I passaggi di colore successivi danno l’impressione che il ritratto esca letteralmente dalla tavola.

La ricerca ha rivelato anche la composizione della mano preparatoria: 99 parti di bianco di piombo e una di vermiglio, secondo l’uso che all’epoca era diffuso in Italia.

Leonardo, ci dice questo studio francese, era molto attento alle nuove scoperte tecniche, cosa che non stupisce. Ed era attento anche alle correnti pittoriche straniere, come altri artisti del suo tempo: dallo scambio culturale non si poteva trarre che vantaggi, allora come oggi.

Quanto al sorriso della “Gioconda”, quello resta enigmatico: l‘affiorare dell‘anima sul volto. La scienza vorrebbe spiegare tutto, ma il trascendente vi si sottrae. Il mistero rimarrà, per fortuna, insondabile.

2008

 

LEONARDO DA VINCI, “LA GIOCONDA”

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