sabato 22 ottobre 2016

Rispetto e dignità

 

“Da una scala di legno annerito pende una bandiera francese: è l’unica, e la stacco con cura, la ripiego e la metto nel tascone della giubba. (La ritroverò a casa mia questa bandiera, tra vecchie carte, lettere e oggetti strani agli altri. Un giorno i ragazzi giocavano, e la diedi a loro perché la riportassero a sventolare sopra una collina di prati fioriti)”.

Cos’è il rispetto? Cos’è la considerazione che anche gli “altri” hanno le loro ragioni? Mario Rigoni Stern ne aveva gerle nella sua vita di montanaro. Certo, chi va in montagna sa quanto dura è la vita lassù: conosce il valore delle cose, sa che un aiuto dato non sarà mai sprecato e che al momento buono sarà ripagato. Sa che, se anche non sarà ripagato, questo non è importante.

Rigoni Stern nel 1971 scrive Quota Albania e ricorda quell’episodio della bandiera francese raccolta dalle parti di Séez. L’Italia aveva invaso la Francia pochi giorni prima e già era stato stipulato l’armistizio. Ma in quei giorni al caporale Rigoni Stern capitò di entrare affamato in una casa di legno abbandonata dagli abitanti: mangiò del formaggio e del pane e lasciò un biglietto di scuse in un cassetto della credenza. Anche la sua ad Asiago era una casa di legno, una casa di montagna, ricostruita dal nonno, profugo anch’egli con tutta la sua famiglia, proprio come quei francesi, nel 1916.

Rispetto, pietà, umanità: non per questo Rigoni Stern fu un soldato peggiore, anzi riuscì a riportare a casa dalla Russia gran parte della sua squadra. Nel Sergente nella neve non poteva perciò non notare la differenza con i soldati tedeschi e rumeni, e ancor più con le SS. La cattiveria, il disprezzo, la crudeltà non erano nei cuori degli italiani, che i russi aiutavano, quando potevano, e lo testimonia lo stesso scrittore di Asiago: gli diedero patate e pane, lo sfamarono in un’isba dove c’erano anche soldati russi.

Rispetto, allora, condivisione e dignità: ancora in Quota Albania racconta del trasferimento di prigionieri greci: “Quel mattino mi trovavo anch’io da quelle parti, e con altri feci da scorta a quaranta prigionieri che accompagnammo giù al comando. Anche loro erano magri, malridotti nelle divise, carichi di pidocchi e con le barbe lunghe e ispide. Ma dentro i loro occhi scuri e profondi e nel loro silenzio, avevano dignità”.

2008

 

Bandiera

FOTOGRAFIA © FIONA TWIG

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