sabato 1 ottobre 2016

Come l’estate

 

«Senz’addii mi hai lasciato e senza pianti». Leggo Saba e mi travolge il ricordo, mi assale come una banda la diligenza nei film western: «Io so un amore che ha durato un mese e vero amore fu». Certo che fu vero amore e ripenso a te e a quei giorni passati che volavano svelti come falchi. Fu vero amore, per quanto breve sia stato, per quanto lontano sia nello spazio e nel tempo. E tu sei immutata nella mia memoria, come allora signora del ricordo, padrona della mente. Il cruccio di quei giorni era fermare il tempo: il nostro sogno ricorrente era quello di infilare un enorme chiodo tra le lancette. Sembrava inimmaginabile: eppure, vedi, ci siamo riusciti alla fine, pagando il prezzo della solitudine. Ora è tra le maglie del tempo che ti cerco. È tra le sue maglie che tento di passare. In qualche parte, in qualche luogo deve esserci uno squarcio, un qualche passaggio per ritornare a quell’estate. Devo tornare indietro, evitare tutti gli errori che ho commesso, devo ritornare per non perdere te. La nostalgia come fumo mi soffoca, ma voglio respirarla fino in fondo.

Ipermnestra, una delle cinquanta Danaidi, fu l’unica a non obbedire al padre che ordinò loro di assassinare i mariti. Come lei, forse tu avesti l’ordine di uccidere il nostro amore però non trovasti il coraggio e lo lasciasti in vita limitandoti a restare lontana. Sarebbe stato di certo meglio che come le quarantanove sorelle tu non avessi guardato in faccia la pietà: avresti soppresso anche il mio rimpianto, oltre a quell’amore. Adesso il ricordo si fa rimpianto e vado divinando il tuo oggi senza me ora che non contano più i perché ma solo che in qualche modo tutto sia stato e che in qualche luogo tu porti ancora il mio ricordo chiuso nel cuore come quando dicevo che non è importante essere insieme perché un amore vive in quanto il suo seme cresce e germoglia anche per chi è lontano. Allora sorridevi mostrando i denti bianchi: era un sorriso così bello e dolce. Ne ero talmente innamorato che mi mettevo da­vanti ad uno specchio e provavo a ricrearlo io stesso.

Eri bella come l’estate. Come l’estate, del resto, svanisti.

 

1996

 

Hicks

RON HICKS, “CAFE KISS”

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