Una ragazza rideva sull’altalena rossa, una spinta più forte generava di tanto in tanto un urletto che si confondeva con lo stridulo canto dei gabbiani. A spingerla era un ragazzo bruno dalle fattezze mediorientali, ma forse era quella barba scura a trarre in inganno. Badaloni disse che il movimento dell’altalena gli rammentava un altro movimento e che sembrava che i due ragazzi stessero facendo l’amore, anche per i gridolini di lei. Ma per Badaloni il sesso è un chiodo fisso e nessuno prestò molta attenzione alla sua teoria, tanto meno Rossi, che era intento ad osservare una ragazza prona sulla battigia proprio dove le onde lambivano la spiaggia: aveva le gambe nel mare e il busto sulla sabbia ed era pensierosa, il capo chino, appoggiata sui gomiti. Badaloni avrebbe certamente detto che la ragazza era in quella posizione perché faceva l’amore con il mare, rivolgendo il sesso alla carezza delle onde. Ma Badaloni le volgeva le spalle e fortunatamente non poteva vederla.
Più in là una donna parlava all’orecchio di un uomo: erano entrambi sdraiati e lei si mostrava di schiena, dava proprio l’impressione di un violino, anche l’abbronzatura con il suo colore ligneo contribuiva all’idea. Maria Sole provò a spostare il discorso sulla psicologia, per sottrarre il gruppo alle morbose teorie di Badaloni: “Belli i gabbiani... Sapete che gli uccelli simboleggiano un grande bisogno di libertà e di desiderio di fuga dai vincoli sempre più forti della quotidianità? Be’, non tutti: il corvo è la frustrazione...” Badaloni chiese cosa simboleggiasse invece il sole e - manco a dirlo - Maria Sole gli rispose che indica creatività e comprensione nonché un io molto forte, ma soprattutto una dirompente sessualità. “Il fatto che il mio nome sia Maria Sole” aggiunse “non significa però che tu la debba esprimere nei miei riguardi, caro Badaloni”.
La ragazza che era sdraiata sulla battigia era entrata in mare solo pochi metri e, seduta sui talloni, guardava l’orizzonte dove nuvole basse imitavano una costa formata da monti innevati. Un’ultima vela tornava a riva: bianca davanti al faro bianco, mi rammentò “Le Bagnanti” di Picasso; cercavo tra le ragazze che si attardavano sul bagnasciuga qualcuna che potesse essere in quel quadro: c’era quella che si lisciava i capelli seduta ma non trovai quella che si pettinava né quella che si asciugava i capelli sdraiata. Un movimento davanti a me mi distolse dalle fantasticherie artistiche: la donna che sembrava un violino si era alzata e si preparava ad andarsene. Il seno le traboccava dal costume. Indossati un pareo ed un cappello di paglia, se ne andò mentre l’uomo la seguiva portando borse e teli di spugna. “Queste donne: più le adori e più ti fanno schiavo” disse Rossi e subito Badaloni replicò: “Vorrei essere io lo schiavo di una così!”
La ragazza della battigia aveva raggiunto uno scoglio e vi si era seduta: ancora guardava l’orizzonte come se aspettasse qualcosa, l’arrivo di un puntino che a poco a poco si trasforma in nave, vela, zattera o relitto. Con un gesto improvviso si voltò e si tuffò in mare; con poche bracciate raggiunse la riva e si diresse verso le cabine. L’afa del pomeriggio era caduta e un vento fresco soffiava dalla pineta portando un odore di terra e resina. “È un’ora così bella e così triste” disse Maria Sole, “andiamo, altrimenti piango”.
(16 maggio 1991)
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