sabato 9 agosto 2014

Il rimpianto

 

Il rimpianto è il ricordo tristemente amaro di qualche cosa che si è perduto: una persona che si è amata nel corso della nostra vita e che poi per colpa nostra o per le contingenze del vivere ha preso un’altra strada; una cosa che ci stava a cuore e che poi fatalmente è andata distrutta, siamo stati costretti a vendere, si è persa nei labirinti dei giorni; o ancora – e soprattutto! – di una strada che abbiamo scelto invece di seguirne un’altra, di un’occasione che abbiamo lasciato passare convinti che sarebbe un giorno o l’altro ritornata. Quello mi sembra essere il vero significato del rimpianto: in esso si cristallizza tutta quanta la nostalgia, come fa il miele in un vasetto di vetro lasciato troppo a lungo sullo scaffale più alto dell’armadio. Ugualmente la nostalgia può apparire dolce sul principio, dolcissima,un sottile piacere persino, ma alla fine quello che davvero ti lascia è quel retrogusto amaro. Un sapore di errori, di sconfitte, di fallimenti. E forse è  terribilmente vero quello che scrisse Emil M. Cioran, un vero teorizzatore del rimpianto, che lui considerava la sola vera funzione della memoria: “Qualcuno ha detto molto giustamente: «Io sono quello che non ho fatto». Con questo si deve intendere che gli atti che non abbiamo compiuto, per il fatto stesso che vi pensiamo di continuo, sono il solo contenuto del nostro essere. In altri termini, io sono i miei rimpianti”.  Però, alla fine, se io sono i miei rimpianti, sono anche le volte che ho scelto la strada giusta, sono le gioie che ho provato, sono i piaceri, anche quelli semplicissimi come guardare la luce del giorno spegnersi nel cielo allagato dal tramonto.

 

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