sabato 16 agosto 2014

La cintura di fuoco

 

Great Gull Island, Orient NY, 12 settembre 2066

Siamo in fuga, noi pochi rimasti, noi sopravvissuti al contagio del virus ribattezzato “Caino”. Dobbiamo agire e pensare durante il giorno, quando la luce impedisce ai malati di uscire e li obbliga a rimanere rintanati nei loro covi bui e polverosi. L’umanità è sull’orlo del suo annientamento, della catastrofe finale: solo una soluzione miracolosa, un medicinale che ci salvi dalla peste, un siero che possa debellare il virus potrebbe ridare un senso alla parola “futuro”. E anche le nostre città sono purulente e putrescenti, anch’esse come infette dallo stesso virus. Ora sì conosciamo in tutta la sua terribile grandezza la parola che troppe volte i giornali e le televisioni hanno adoperato a sproposito: apocalittico.

Perché questo è un vero apocalisse: “Caino” è l’attuazione esatta del secondo verso del capitolo 16: “Partì il primo e versò la sua coppa sopra la terra; e scoppiò una piaga dolorosa e maligna sugli uomini che recavano il marchio della bestia e si prostravano davanti alla sua statua”. Il morbo, partito dal cuore dell’Africa, ha trasformato migliaia di persone dapprima, milioni poi, in bestie spaventose assetate di sangue. Basta essere morsi per incubare il virus e diventare un’altra bestia: così, in breve tempo, le attività lasciate a se stesse hanno riportato indietro la Terra di centinaia di anni, l’hanno ridotta a una landa oscura e grigia degna del peggior Medioevo: è come se un vulcano avesse eruttato fango e su quel fango fossero poi spuntate giungle e foreste.

Ora tentiamo l’impossibile: isolarci sulla Great Gull Island per respingere di notte gli assalti dei “Caini” e studiare di giorno la struttura del virus. La scorsa notte la nostra protezione ha retto: Jonathan Coen, che aveva lavorato a Hollywood, ha disposto una cintura di fuoco attorno all’isola, alimentata di continuo. I “Caini”, come le belve, temono il fuoco e non possono sopportare la sua luce. All’interno, dove abbiamo trasportato viveri e attrezzature, due premi Nobel studiano il virus e le sue mutazioni, provano a contrastarne la forza, a individuarne i punti deboli per riuscire finalmente a debellarlo. È l’unica speranza che ci è rimasta. È la sola speranza cui ci affidiamo quando il tramonto incendia l’oceano e comincia un’altra notte.

 

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