sabato 24 settembre 2016

Meran Street View

 

“Ne è passato di tempo... Quasi trent'anni”. Questo mi è venuto da pensare ripercorrendo le vie di Merano su Google Street View senza più riconoscere le strade, come se io fossi stato Pollicino e il tempo avesse raccolto i sassolini che avevo disseminato per ritrovare il filo della mia memoria. Via delle Palade, a parte la desolazione delle caserme vuote, sembrava per certi versi una strada interna di certe località di mare, Via Piave era irriconoscibile con i suoi palazzi nuovi, guardavo i negozi di Via delle Corse e non li riconoscevo. Ho trovato un po' di conforto nell'inconfondibile architettura dei portici e nell'insegna rossa del Gasthof Rainer, immaginandomi subito le panche e i tavoli di legno, le tovaglie a quadretti bianchi e rossi, il giardinetto interno dove si poteva cenare d'estate, il pane con i semi di papavero, i gurken, il gulasch con i mirtilli rossi, le salse allo yogurt per l'insalata.

Allora però cosa c'era al posto di questa nostalgia così dolce e impossibile? Non certo rabbia, forse un po' di rassegnazione perché ci sembrava di buttare un anno della nostra vita - l'avremmo capito dopo, molto dopo, che invece quell'anno ci aveva formato, educato, ci aveva insegnato a socializzare, a lavorare insieme, a porci un obiettivo e raggiungerlo non da soli, ma insieme agli altri. Nessun sergente cattivo di Full Metal Jacket, nessun sergente Rompiglioni dei film italiani di serie B (detto en passant, si sarebbe potuto almeno far tagliare i capelli agli attori, così sono semplicemente delle macchiette, fuori ruolo, ancora più inverosimili). C'era insomma la voglia che tutto finisse presto, se è vero che contavamo le albe ed esultavamo ad ogni passaggio di scaglione. In ufficio, con il maresciallo, eravamo solo in due noi scritturali, e avevamo nel cassetto del tavolo del ciclostile una specie di gioco dell'oca ricavato da una lunga scatola di quella carta copiativa: ma le caselle non erano 90 bensì 355, una per ogni giorno che avremmo dovuto passare sotto la naia (dieci ci erano misteriosamente abbonati); c'erano due bandierine fissate su uno spillo e la prima cosa che facevamo ogni mattina, appena arrivati dalla colazione in mensa, era spostare in là di uno spazio quel segnalino. Quando il mio collega d'ufficio si congedò, esultai vedendo che il mio spillo era davanti - ma ero ancora ben oltre i 200. Qualche giorno dopo arrivò un altro ragazzo a sostituirlo: gli mostrai il calendario segreto e pose il suo spillo - al limite dei 300.

Ma ora non ritrovo più i giorni e le sere di quella vecchia Merano, perduta, sepolta sotto la cenere degli anni. Non ritrovo più il ragazzo che ero e che andava talvolta a cenare al Pic-nic Grill o al Ristorante Alla Marinara, o che si fermava al Pandemonium a comprare cartoline o spillette. Che fine ha fatto quella paninoteca su Via Piave che serviva un eccellente francesino con il brie e lo speck? E il locale in cui andavamo a bere la Eku 28 nel bicchiere a balloon sentendoci bohemiens in una città belga? E ancora il MacRoland che faceva il verso alla più celebre multinazionale dell'hamburger, con il suo piano rialzato dove andavamo a vedere le partite di calcio della Nazionale? E quel posto dietro il Duomo dove servivano lo Stiffel, uno stivale di birra arricchito con grappa e altri liquori, che dava alla testa mentre giocavi con i tradizionali giochi di legno? Tutto è cambiato, tutto è perduto: rimane solamente il limbo della mia memoria e di quella di chi era con me. Così capita - quando ci incontriamo come reduci di una battaglia perduta - di far rivivere quei posti, quelle sere, quei sabati e quelle domeniche in cui bighellonavamo lungo il Passirio e andavamo in stazione a veder partire i treni verso casa...

Avremmo riso allora, se qualcuno ci avesse detto che un giorno avremmo provato una folle inestinguibile nostalgia...

 

Merano

FOTOGRAFIA © FRIEDRICH BÖHRINGER

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