sabato 28 gennaio 2017

Una canzone dimenticata

 

Sei dentro di me
nella mia barba
sei nel mio caffè
nel cruciverba
sei negli occhi suoi
ma non ci sei
sei il mio lavoro
il cinema con lei
le mille lire
e nel mio letto
sei fare l’amore
ma non ci sei…

... dalla radio viene quella canzone dimenticata, perduta nei meandri del tempo. Eppure per me è come la madeleinette di Proust. Quel biscotto burroso a forma di conchiglia di San Giacomo intinto in un tè di timo preparatogli premurosamente dalla madre spalanca alla memoria dello scrittore francese l’universo del ricordo: “Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicissitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta?”. Come un sapore ritrovato, quella canzone significa anche per me l’irruzione improvvisa del passato nel presente, il canto del mare in una conchiglia ritrovata sul bagnasciuga degli anni. 

Ma come ho potuto dimenticare Anna? Come ho potuto lasciarla andare alla deriva nell’oceano della memoria? Eppure allora, quando facemmo nostra quella canzone e la cantavamo ogni momento, era tutto un fare e disfare il nostro futuro - uno solo il futuro per entrambi, non pensavamo certo che le nostre strade sarebbero state due, sempre più divergenti fino a non poter più scorgere l’altra, inghiottita dalla nebbia, dal bosco, dallo scorrere inesorabile del tempo. Era Anna soprattutto a fantasticare, a costruire quelli che si sarebbero poi rivelati semplicemente dei castelli in aria. In realtà lei era una sorta di Penelope che di continuo tesseva e distruggeva la sua tela: trasferiamoci a Venezia, no a Milano, voglio due bambini no quattro anzi nessuno, mi piacerebbe una casa affacciata sul mare. Avevamo diciassette anni e una vita tutta ancora da scrivere, fingevamo di non saperlo e costruivamo sulla sabbia. Tutto crollò come un gigante dai piedi d’argilla. Gli anni corsero via veloci e i capi di quel gomitolo che intrecciammo si sciolsero e si legarono ad altri, formarono altre matasse. 

Ma adesso... sei la nostalgia davanti al fuoco, sei la mia bugia se mangio poco, sei l’anima mia ma non ci sei...

 

Sei

FOTOGRAFIA © CARLY RODGERS

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